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MITO E LEGGENDA

Il bosco, al confine tra terra coltivata e pascolo, era spesso anche
al limite tra il noto e l’ignoto, tra il regno dell’uomo e della
legge, il mondo del brigante e della belva.
Numerosi sono i fatterelli e le storie che la fantasia popolare ha
ambientato a "Corundoli" ed in particolare nella grotta denominata “Shpea”.
"Donna Tommasina" è un canto popolare, raccolto in occasione di una
ricerca sul campo, realizzata dalla prof.ssa Fernanda Pugliese. La
storia è ambientata nel periodo post unitario, quando numerose erano
le bande filoborboniche che, non accettando le nuove regole imposte
dal neonato Regno d'Italia, sfuggivano alla repressione imposta dai
"Piemontesi", rifugiandosi nel luoghi più inaccessibili. Tale doveva
essere all'epoca il bosco di Corundoli, dove tante volte avevano
trovato rifugio i briganti della zona.
In un'altra variante dello stesso canto infatti, il bosco viene
definito come un “bosco nero”; espressione utilizzata, probabilmente,
per rappresentare una boscaglia tanto fitta da non permettere il
passaggio dei raggi del sole. Nel canto viene altresì nominata anche
la "Shpea di Korundoli", ovvero la grotta che si trova nella radura,
al centro del bosco. Per shpea si intende un antro aperto, con un
intricato percorso interno, interrotto da una via d'uscita. La
tradizione orale di Montecilfone immagina la fine di questo percorso
in una, non meglio identificata, località nella piana del fiume
Biferno.
Gli anziani del paese ricordano che nei pressi del bosco, vicino al
cimitero, c’era un’altra grotta detta di “Santa Carolina”. Qui, in un
periodo non precisato, sarebbe apparsa più volte la Santa, ad alcuni
pastori.
In questo luogo, per diverso tempo, si sono recati in pellegrinaggio
gli abitanti di Montecilfone.
La Chiesa non ha mai riconosciuto l’autenticità dell’apparizione. Il
culto si è ormai perso nel tempo.
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