Alzheimer
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Se pur in via sperimentale la ricerca ha
isolato nuove molecole capaci, visti i dati di laboratorio, di
contrastare l’avanzamento degenerativo della malattia di Alzheimer,
tra queste ricordiamo la molecola Ngf e un composto chiamato AF267B.

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MOLECOLA NGF
La molecola Ngf o fattore di crescita del sistema nervoso, fu scoperto
all'inizio degli anni cinquanta da Rita Levi Montalcini e per tale
scoperta la ricercatrice nel 1986 ricevette anche il premio Nobel per
la medicina. Negli anni successivi alla scoperta numerosi studi sono
stati fatti intorno alla molecola evidenziando che possedeva la
capacità di stimolare la crescita ed il differenziamento di neuroni
del sistema nervoso periferico. Ulteriori approfondimenti hanno
mostrato che Ngf agisce anche su alcuni tipi di neuroni del sistema
nervoso centrale e su cellule del sistema immunitario.
Non è da molti anni che si sono intrapresi degli studi specifici che
hanno messo in correlazione gli effetti della molecola Ngf con la
malattia di Alzheimer, ma gli ultimi studi hanno evidenziato come essa
può essere un potenziale agente terapeutico, dal momento che sembra
essere in grado di migliorare le capacità cognitive dei pazienti colpiti
dal morbo di Alzheimer.
Però, la molecola è incapace di attraversare la barriera
ematoencefalica e per questo motivo necessita di una somministrazione
intracerebrale in prossimità delle aree cerebrali colpite dalla
patologia, ciò significa che il soggetto deve sottoporsi ad una
operazione invasiva e molto rischiosa.
Però, sembra che oggi sia possibile somministrare la stessa molecola
per via oculare, semplicemente per mezzo di un collirio. Questa nuova tecnica di
somministrazione si deve agli studi condotti da Luigi Aloe
dell'Istituto di neurobiologia e medicina molecolare (Inmm) del
Consiglio nazionale delle ricerche di Roma e da Alessandro Lambiase
della Clinica oculistica dell'Università di Roma "Campus". Gli studi
sperimentali e clinici condotti dai su menzionati ricercatori aprono
nuove e interessanti prospettive nella cura della malattia di
Alzheimer. Infatti, i ricercatori hanno evidenziato come il collirio
basato sulla molecola Ngf riesce ad agire sui neuroni del prosencefalo
basale prevenendone la morte.
Il ricercatore Luigi Aloe spiega che la somministrazione della
molecola Ngf per via oculare, resa possibile dall'esistenza di una
connessione anatomica tra cervello e sistema oculare, rappresenta una
strategia nuova, non invasiva e in grado di aggirare la barriera
cerebrale.
Gli esperi spiegano che, in futuro, la molecola potrà essere
somministrata nelle primissime fasi della malattia di Alzheimer come semplice
collirio, in questo modo si potrebbe ridurre, se non addirittura
bloccare, l'andamento degenerativo della malattia che purtroppo colpisce
sempre più persone. Attualmente (2006) nel mondo ci sono circa 15
milioni di persone colpite dal morbo di Alzheimer, un numero che,
secondo gli esperti, potrebbe raddoppiare nel giro di 20-30 anni.
Questo importante studio che apre la strada a nuove prospettive
terapeutiche è stato finanziato dal Cnr, dal progetto Firs (Fondo
integrativo speciale per la ricerca) e dalla Fondazione G.B. Bietti di
Roma.
AF267B
Il composto chiamato AF267B è stato sperimentato per il momento solo
su alcuni topolini e sembra avere degli effetti positivi nella cura
del morbo di Alzheimer. La terapia è il frutto di una sperimentazione
condotta dai ricercatori dell'Università della California di Irvine e
dell'Istituto israeliano di Ricerche biologiche. Nello staff, che sta
portando avanti il progetto, sono presenti anche due italiani,
Antonella Cacciamo e Salvatore Oddo.
I risultati della prima fase dello studio sono stati pubblicati sulla
rivista Neuron. Secondo i dati ottenuti fino ad ora, il composto
AF267B è in grado di rallentare la perdita delle capacità cognitive in
due aree del cervello colpite dal morbo di Alzheimer, nell'ippocampo,
sede della memoria e nella corteccia. Gli effetti positivi della
terapia non finiscono qui in quanto, lo stesso composto, sembra essere
capace di stimolare nei neuroni la produzione dell'enzima
alfa-secretasi che inibisce la produzione dei peptidi beta-amiloidi,
evitando un accumulo di placche all'esterno delle cellule nervose,
responsabili della degenerazione dei neuroni.
Attualmente il farmaco AF267B è sottoposto a studi clinici per
verificarne la sicurezza e non tossicità. Anche se sul modello animale
si sono ottenuti dei buoni risultati, bisognerà attendere una conferma
dell'efficacia anche sull'uomo, in caso positivo si avrà a
disposizione un nuovo farmaco che rappresenterà un passo avanti nella
lotta contro il morbo di Alzheimer. Il composto è anche in grado di
superare la barriera ematoencefalica, proprietà che consentirà una
somministrazione agevole per via orale o parentale.
Sitografia essenziale:
Sitografia essenziale:
http://www.universonline.it/_scienza/articoli_med/06_11_29_a.php
http://www.rivistedigitali.com/Notiziario_chimico_farmaceutico/2006/5/047/scaricaPdf
trattamento
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