Fernando La Greca

Il divano di Antifonte. Psicoterapia strategica nell'Atene del V sec. a.C.

Affermano Pauwels e Bergier in quel libro straordinario che è Il mattino dei maghi: "Se si fosse realmente attratti dal futuro, lo si sarebbe anche dal passato, si andrebbe a cercare il proprio bene nei due sensi del tempo, con lo stesso interesse. Non sappiamo niente o quasi niente del passato. Tesori dormono nelle biblioteche. Noi che pretendiamo di amare l'uomo preferiamo immaginare una storia della conoscenza discontinua e centinaia di migliaia di anni di ignoranza contro qualche lustro di sapere. [...] Uno sguardo nuovo sui libri antichi farebbe cambiare questo atteggiamento. Si rimarrebbe sbalorditi dalle ricchezze che vi si trovano"[1]. E citano una serie impressionante di "riscoperte", in tutti i campi del sapere, da antiche opere dimenticate.

Anche la psicologia rientra in questa indagine: "La psicologia efficace, adatta al tempo che viviamo, dovrebbe fondarsi, crediamo, non su ciò che è l'uomo (o, piuttosto, ciò che sembra essere), ma su ciò che può divenire, sulla sua possibile evoluzione. [...] Tutte le dottrine tradizionali si fondano sull'idea che l'uomo non è un essere compiuto, e le antiche psicologie studiano le condizioni in cui devono operarsi i cambiamenti, le alterazioni, le trasmutazioni che condurranno l'uomo alla sua vera compiutezza"[2].

Una psicologia dunque del "cambiamento", che non si limiti a descrivere o risolvere i problemi, ad esaminare o curare il malato, ma vada oltre, si occupi del "sano", cambiando in meglio l'uomo, aiutandolo a realizzare le sue potenzialità.

Pauwels e Bergier scrivono nel 1960. Qualche anno dopo, la scuola di Palo Alto enuncia le regole della "pragmatica della comunicazione umana", e tende sistematicamente alla ricerca del cambiamento ("change") in psicoterapia. Successivamente, studiosi quali Bateson, Watzlawick, Milton Erickson, Haley, Bandler, Grinder diffondono nei loro libri la nuova comunicazione terapeutica, strategica, paradossale, volta al cambiamento psicofisiologico[3].

Fatto significativo, la loro ricerca, come suggerito da Pauwels e Bergier, va sia verso il futuro, sia verso il passato, con l'individuazione di moderne tecniche terapeutiche negli scritti di autori antichi. Così ci si richiama alla tradizione di "pensiero strategico" che ha radici lontanissime nella storia umana: "Per pensiero strategico intendiamo non una specifica scuola filosofica, ma un approccio di pensiero (liberal thinking) basato su una irriducibile `elasticità' che nega qualunque forma di `assoluto' o di `verità' indiscutibile e che su questa base si interessa del funzionamento delle cose con atteggiamento disilluso e pragmatico. Questo è ciò a cui ci si riferisce con il termine `costruttivismo radicale'. I precursori di tale stile di pensiero possiamo trovarli nell'ambito della filosofia greca dai presocratici ai sofisti e ad Epicuro, così come nel mondo orientale in alcuni dettami comportamentali del Buddismo e dello Zen"[4].

Punto cardine della terapia strategica è la "ristrutturazione". Partendo dalla concezione costruttivista per cui il mondo e l'esperienza che ne abbiamo sono due cose diverse, sicché ciascuno di noi si crea una propria "mappa" o "modello" del mondo per orientarsi nella realtà, il terapeuta cerca di cambiare il modello che il paziente si è fatto della realtà. Ciò senza negare o rifiutare la "rappresentazione" proposta dal paziente, ma ampliandone il contesto, cambiando la "cornice" percettiva, mutandone il significato. Esemplificativo, a questo proposito, è il racconto di come Tom Sawyer, nel libro omonimo di Mark Twain, convince gli amici a dipingere uno steccato di legno al suo posto. "Tom è riuscito a ristrutturare un lavoro faticoso in un piacere così grande da doverlo pagare per provarlo, e i suoi amici, dal primo all'ultimo, hanno accettato il cambiamento effettuato da Tom, la nuova definizione che egli ha dato di quella realtà"[5].

Ovviamente la ristrutturazione non è una esclusiva della psicoterapia. Da secoli gli uomini cercano di influenzarsi a vicenda, di cambiare il "punto di vista" dell'altro, nella politica, nella pubblicità, come nella vita di tutti i giorni. La psicoterapia è una scienza giovane, ma le esigenze a cui risponde esistevano certamente anche nel passato, esigenze in parte sfociate nella filosofia.

Ad esempio, la tecnica della ristrutturazione come mutamento del "punto di vista" si ritrova anche in Pascal: "Quando si vuole ammonire proficuamente qualcuno, mostrandogli che è in errore, bisogna considerare con attenzione da che punto di vista egli consideri la cosa, perché, da quel punto di vista, generalmente è vera, e dargli atto di quella verità, mostrandogli però, allo stesso tempo, quel punto di vista per cui la cosa è falsa. Questo gli basta, perché si rende conto che non era in errore, e che semplicemente non aveva preso in esame tutti i punti di vista. Infatti non ci si offende di non riuscire a vedere tutto, ma non si vuole essersi sbagliati"[6].

Al di là delle affermazioni generiche di argomento psicologico che troviamo in vari autori antichi, sembra che il primo ad esercitare qualcosa di simile alla psicoterapia sia stato Antifonte di Atene, sofista vissuto nella seconda metà del V sec. a.C. Paul Watzlawick in Il linguaggio del cambiamento mette in luce come la retorica e la sofistica dei filosofi presocratici precorra la moderna ricerca sulla comunicazione, e segnala in particolare il caso di Antifonte, come inventore di un'arte "consolatoria" capace di esercitare un'influenza sul prossimo. Commentando i frammenti a noi pervenuti, Watzlawick afferma che Antifonte fu "il precursore della nostra moderna pragmatica nella misura in cui sembra aver volto la sua ricerca principalmente alla comprensione concettuale e all'applicazione, come metodo di cura, delle regole dell'interazione linguistica. A questo scopo egli in primo luogo faceva parlare il malato della sua sofferenza e lo aiutava poi con un tipo di retorica che utilizzava appunto, sia nella forma sia nel contenuto, le asserzioni dello stesso malato, e che dunque, in senso del tutto moderno, si poneva al servizio di una ristrutturazione di ciò che il malato riteneva `reale' o `vero' - e dunque del cambiamento dell'immagine del mondo per la quale egli soffriva"[7].

Ritenere Antifonte, al pari di altri sofisti suoi contemporanei, semplicemente un "letterato" o "filosofo", appare pertanto riduttivo, e questo appiattimento potrebbe impedire una lettura significativa dei suoi scritti. E se provassimo a leggere i suoi frammenti[8] come se egli fosse stato uno psicologo terapeuta, e dal punto di vista della moderna psicoterapia? Già le tematiche dei suoi libri potrebbero essere quelle di uno psicologo: Antifonte sofista è noto come indovino, poeta epico, "cuoco di discorsi"[9], interprete di sogni; scrisse Intorno all'interpretazione dei sogni, Intorno alla verità, Intorno alla concordia, Il Politico, L'arte dell'immunità dal dolore.

"Mentre si occupava ancora di poesia compose un'Arte dell'immunità dal dolore, in modo analogo a quella che è per i malati la cura fatta loro dai medici. In Corinto organizzò presso il foro una stanza e divulgò l'annuncio che egli aveva la capacità di curare, per mezzo della parola, gli affetti, e, conosciute le cause dell'afflizione, placava i malati. Ma, poiché era convinto che quest'arte fosse inferiore alle sue capacità, si volse alla retorica"[10].

"Antifonte, che ebbe una grande efficacia nel persuadere e che ottenne il soprannome di Nestore, perché poteva persuadere di qualunque argomento parlasse, promise di tenere conferenze intorno alla liberazione dal dolore, nella convinzione che non avrebbero nominato alcun dolore così grave, che egli non potesse togliere dalla mente"[11].

Untersteiner commenta: "Antifonte si può ben considerare l'iniziatore di un particolare modo di filosofia pratica"[12]; e ricorda un passo di Rodolfo Mondolfo: "Appare implicita una subordinazione della conoscenza e del concetto del reale alle disposizioni affettivo-volitive, che si possono creare e modificare radicalmente con il potere magico della parola"[13]. Ovvero, dolori e sofferenze mentali, dovuti a una certa rappresentazione della realtà nei pazienti, sono curati attraverso le parole: è l'attività dei moderni psicoterapeuti.

Antifonte fonda il suo stile di vita sulla liberazione dal dolore e dalla sofferenza, tanto da rimproverare Socrate, qualificato come maestro di infelicità:

"O Socrate, credevo che coloro i quali si dedicano alla filosofia, dovessero diventare più felici; invece io credo che tu abbia tratto dalla filosofia il risultato contrario. E' certo, almeno, che tu vivi così come neppure uno schiavo resisterebbe a passare la vita sotto un padrone; ti cibi dei cibi e bevi le bevande più volgari e porti indosso un mantello non solo meschino, ma il medesimo d'estate e d'inverno e sei sempre scalzo e privo di tunica. Inoltre non ti fai dare denaro, che allieta chi l'acquista e fa sì che quanti lo possiedono vivano più liberamente e con maggior piacere. Se dunque, come i maestri delle altre attività rendono i discepoli imitatori loro, così appunto tu disporrai i tuoi scolari, credi pure di essere maestro d'infelicità"[14].

La vita, d'altra parte, è breve e piena di dolori, sicché l'arte della liberazione dal dolore si rivela importantissima.

"Di Antifonte. Il vivere assomiglia a una fuggevole vigilia e la durata della vita a un giorno solo, per così dire, nel quale, alzato lo sguardo alla luce, cediamo il nostro turno ad altri che ci sostituiscono"[15].

"Di Antifonte. La vita tutta è in modo straordinario soggetta ad accusa, o beato: essa nulla possiede di prodigioso, di grande, di augusto, ma tutto è meschino, debole, di breve durata e connesso con gravi dolori"[16].

E come se non bastasse, vi sono alcuni che sembrano vivere altrove: Antifonte sembra qui richiamare al tempo presente, al "qui e ora" di tanti moderni psicoterapeuti relazionali, che non ricercano il perché del problema, ma il cos'è e il come. E' il tempo il denaro più prezioso.

"Di Antifonte. Ci sono alcuni che non vivono la vita presente, ma si preparano con molta ansia come se dovessero vivere un'altra vita misteriosa, non quella presente: intanto il tempo trascurato è perduto"[17].

"Spendere e dissipare in piaceri il denaro più prezioso, come disse Antifonte, il tempo"[18].

Antifonte appare consapevole dei fenomeni psicosomatici, e dell'importante funzione della mente nel mantenimento dell'equilibrio psicofisico.

"Per tutti gli uomini l'intelletto guida il corpo alla salute, alla malattia e a tutte le altre esperienze"[19].

La saggezza popolare ha sempre detto che "chi va con lo zoppo impara a zoppicare", ma in una frase di Antifonte sembra esservi qualcosa di più: dovendo trascorrere le giornate con una certa persona, necessariamente finiremo con il dare più peso ai suoi lati per noi positivi, e ad imitarne certi tratti caratteriali. Le ricerche della moderna psicologia sociale hanno mostrato come si tenda a ridurre in tal senso la "dissonanza cognitiva" in situazioni di inevitabilità.

"E' necessario che uno diventi per carattere simile a quella persona con la quale si trovi per la maggior parte della giornata"[20].

Lo stesso fenomeno della dissonanza sembra poi essere stato indagato da Antifonte nella sua opera sulla Concordia: concordia non solo a livello politico, cittadino, ma anche a livello personale, interiore.

"La concordia [...] inoltre comprende l'accordo che ogni singolo ha con se stesso: infatti, quando uno viene governato da un solo sentimento e da un solo pensiero, si trova in accordo con se stesso, mentre quando è di fronte a se stesso incerto fra opposti pareri, e il suo modo di ragionare è disuguale, soffre un dissidio. E chi rimane saldo nel medesimo intento è traboccante di sentimento armonico. Chi è incostante nelle sue riflessioni e ora è travolto da un'opinione, ora da un'altra, è malsicuro e nemico di se stesso"[21].

Una discussione dei processi di scelta, decisione, dissonanza, rispetto a un proposito quale quello di danneggiare il prossimo, è nel successivo frammento:

"Di Antifonte. Chi, mentre si propone di danneggiare il proprio prossimo, viene preso da terrore, che debba tirarsi addosso conseguenze non volute, qualora non riesca a raggiungere lo scopo che vuole attuare, è più ragionevole. Infatti nel tempo in cui viene preso da terrore, indugia; e mentre egli esita, spesso il tempo che frattanto trascorre storna il proposito dalla volontà. Quando il fatto è già compiuto, ciò non è possibile, mentre nell'indugio è dato che ciò si verifichi. Chi, invece, crede di poter decidere un'azione malvagia contro il prossimo, senza, per altro, subir danno, non è ragionevole. La fiducia non è, in ogni occasione, un bene. Fiducie così errate precipitano molti in sciagure senza rimedio, e, ad un tratto, risulta manifesto che, proprio essi, subiscono quello che pensavano di infliggere al loro prossimo. Non alcun altro potrebbe giudicare con maggior precisione la ragionevolezza di un uomo, se non nel caso di chi si corazza contro i piaceri momentanei della passione e ha il potere di dominare e vincere se stesso. Chi, al contrario, vuole tosto indulgere alla passione, sceglie il peggio in luogo del meglio"[22].

Da altri passi, Antifonte sembra conoscere bene anche l'arte della ristrutturazione. In particolare, si rivela maestro nel volgere gli eventi a favore del "paziente". E' da notare che il "presagio" è volto da Antifonte al positivo, al fine, certamente terapeutico, di tranquillizzare il postulante.

"Spiritoso il detto di Antifonte: poiché un tale considerava come presagio funesto il fatto che una sua scrofa aveva divorato i porcellini, Antifonte, poiché l'aveva vista dimagrire per la grettezza del padrone, disse: `rallegrati del presagio, poiché essa, nonostante fosse così affamata, non mangiò i tuoi figli'"[23].

Nel brano che segue siamo in presenza di una ristrutturazione: il dolore viene placato inducendo il soggetto a considerare l'accaduto da un diverso punto di vista. Ogni evento, per Antifonte, può essere valutato diversamente secondo l'occorrenza[24].

"Di Antifonte. Narra una favola che un uomo, avendo visto che un altro aveva accumulato molto denaro, lo pregava di prestarglielo a interesse. Ma quello si rifiutò: era portato al sospetto e a non aiutare nessuno; quindi portò via il suo denaro e lo depose in un luogo misterioso. Ed ecco, che uno, accortosi che egli faceva quest'operazione, glielo sottrasse di nascosto. Trascorso del tempo e ritornato sul posto, quello che aveva deposto il denaro non riusciva a trovarlo. Mentre si trovava nello stato di un dolore immenso per la sventura, soprattutto perché non lo aveva prestato a chi gli aveva richiesto quel denaro che si sarebbe conservato e ne avrebbe procurato dell'altro, gli accadde d'incontrarsi con quel tale che in passato aveva richiesto il suo prestito, e di lamentare la propria sciagura, dicendo che aveva errato e si pentiva di non avergli concesso il favore, mentre era stato con lui scortese, poiché il denaro era andato completamente perduto. Ma l'altro lo esortava a non preoccuparsi e, dopo aver collocato una pietra nel medesimo luogo, a credere invece che lo possedeva e che non fosse andato perduto. <<Infatti, neppure quando lo possedevi, te ne servivi in alcun modo: di conseguenza, neppur ora, pensa di essere stato privato di qualche cosa>>. Pertanto, se uno non si serve, né si servirà di qualche cosa, sia che la possieda o non la possieda, il danno non sarà né maggiore né minore. Se il dio non vuole dare in modo completo del bene a un uomo - cioè la concessione di una ricchezza di denaro, ma con la privazione della saggezza - mediante la sottrazione del secondo bene, lo priva di tutti e due"[25].

Antifonte era consultato anche come interprete di sogni, e, negli episodi che seguono, si dimostra arguto e capace di "rovesciare" all'incontrario le interpretazioni altrui[26]. Ci piace pensare che, anche in questo caso, le sue interpretazioni siano in qualche modo "terapeutiche". Infatti, nel caso degli olimpionici, predire loro una vittoria sicura può essere controproducente; predire loro la sconfitta, come fa Antifonte, può servire a stimolarli di più alla gara. Nel caso della matrona desiderosa di un figlio, egli ne interpreta il sogno secondo il suo desiderio, certo al fine di apportarle benessere e tranquillità interiore, utile in ogni caso: anche se il concepimento non fosse avvenuto, una maggiore serenità poteva sicuramente favorirlo in futuro.

"Le interpretazioni degli esegeti stessi non provano forse più la loro acutezza, che l'influsso e la corrispondenza della natura? A un corridore che pensava di recarsi ai giuochi di Olimpia, parve in sogno di essere condotto su di un cocchio tirato da una quadriga. Di buon mattino va dall'indovino e questi gli disse: <<vincerai: questo è il significato della velocità e del vigore dei cavalli>>. Poi, egli ancora si recò da Antifonte, ma questi gli disse: <<è necessario che tu sia vinto; non comprendi che quattro sono riusciti a correre davanti a te?>> Ecco un altro corridore [...]: riferì all'interprete che in sogno gli sembrò di esser diventato un'aquila: e quello: <<hai bell'e vinto: nessun uccello vola con maggior impeto di questo>>. A costui, in modo analogo Antifonte disse: <<sciocco, non vedi che sei stato vinto? Proprio quest'uccello, poiché insegue ed incalza gli altri uccelli, è sempre l'ultimo>>. Una matrona desiderosa di avere un figlio, nell'incertezza di essere incinta, sognò di aver sigillato la sua femminilità. Si rivolse a un interprete. Egli affermò che essa, poiché era sigillata, non aveva potuto concepire. Ma Antifonte le dichiarò che era gravida, poiché non si è soliti sigillare il vuoto. Che scienza è mai questa dell'interprete che cerca una via d'uscita con l'acutezza dell'ingegno?"[27]

E qui ci fermiamo con le citazioni, che potrebbero continuare con altri brani di argomento psicologico, dove si parla di amicizia, virilità, equilibrio, inganno, indugio, bisogni, ed altro ancora. Antifonte è certamente il più "psicologico" dei sofisti: "E veramente pare sia in Antifonte uno spirito euripideo, vago di contrasti d'anima"[28].

Le riflessioni degli studiosi di Antifonte si possono riassumere in queste parole di Ettore Bignone: "La morale sua è morale di prudenza, di difesa contro il dolore, più che di conquista avida del piacere. Mira egli alla assistenza reciproca, alle amicizie intime e care, alla solitudine fiorita di pochi affetti, in cui la vita del saggio sia difesa contro le ambizioni e gli affanni"[29]. "Egli fondava certo la sua morale sull'edonismo, inteso come fuga dal dolore (alupía); voleva difendere la vita contro gli assalti della sventura. La via è quella che la natura indica; poiché essa sempre conduce l'uomo a sfuggire il proprio danno ed il dolore. Non dunque una legge esterna vale, ma la legge che ciascuno trova in sé"[30]. Magari con l'aiuto dello psicoterapeuta (strategico).

Concludiamo con le parole di Nerzin, il protagonista de Il primo cerchio di Aleksandr Solzenitsyn: "Sul pianeta della filosofia tutti i continenti sono da un pezzo scoperti! Io sfoglio gli antichi saggi e vi ritrovo i miei pensieri più moderni"[31].


NOTE

1. LOUIS PAUWELS, JACQUES BERGIER, Le matin des magiciens, Paris, Gallimard, 1960; trad. it. Il mattino dei maghi, Milano, Mondadori, 1963; 2a ed. Gli Oscar, 1972, pag. 91.

2. LOUIS PAUWELS, JACQUES BERGIER, Il mattino dei maghi, cit., pag. 413.

3. PAUL WATZLAWICK, JANET H. BEAVIN, DON D. JACKSON, Pragmatic of human communication, New York, Norton, 1967; trad. it. Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi, Roma, Astrolabio, 1971. GREGORY BATESON, Steps to an ecology of mind, New York, Ballantine Books, 1972; trad. it. Verso un'ecologia della mente, Milano, Adelphi, 1978. RONALD D. LAING, AARON ESTERSON, Sanity, madness and the family, London, Tavistock, 1964; trad. it. Normalità e follia nella famiglia, Torino, Einaudi, 1970. PAUL WATZLAWICK, JOHN H. WEAKLAND, RICHARD FISCH, Change. Principles of problem formation and problem solution, New York, Norton, 1974; trad. it. Change. Sulla formazione e la soluzione dei problemi, Roma, Astrolabio, 1974. JAY HALEY, Uncommon theraphy. The psychiatric techniques of Milton H. Erickson, New York, Norton, 1973; trad. it. Terapie non comuni, Roma, Astrolabio, 1978. RICHARD BANDLER, JOHN GRINDER, The structure of magic, Palo Alto, Science and Behavior Books, 1975; trad. it. La struttura della magia, Roma, Astrolabio, 1981. PAUL WATZLAWICK (a cura di), Die erfundene wirklichkeit, München, Piper & Co. Verlag, 1981; trad. it. La realtà inventata. Contributi al costruttivismo, Milano, Feltrinelli, 1988. PAUL WATZLAWICK, Münchhausen zopf oder psychotherapie und "wirklichkeit", Bern, Hans Huber Verlag, 1988; trad. it. Il codino del barone di Münchhausen. Ovvero: psicoterapia e "realtà", Milano, Feltrinelli, 1989.

4. GIORGIO NARDONE, PAUL WATZLAWICK, L'arte del cambiamento. Manuale di terapia strategica e ipnoterapia senza trance, Firenze, Ponte alle Grazie, 1990, pag. 36.

5. PAUL WATZLAWICK, JOHN H. WEAKLAND, RICHARD FISCH, Change, cit., pag. 102.

6. BLAISE PASCAL, Pensieri, trad. di Luisa Collodi, Roma, Newton Compton, 1993, pag. 24, pens. n. 9.

7. PAUL WATZLAWICK, Die möglichkeit des andersseins. Zur technik der therapeutischen kommunikation, Bern, Hans Huber Verlag; trad. it. Il linguaggio del cambiamento. Elementi di comunicazione terapeutica, 7a ed., Milano, Feltrinelli, 1991, pag. 15.

8. Per i frammenti di Antifonte si fa riferimento all'edizione curata da Mario Untersteiner (Sofisti. Testimonianze e frammenti. Fascicolo quarto: Antifonte, Crizia. Introduzione, traduzione e commento a cura di Antonio Battegazzore e Mario Untersteiner, Firenze, La Nuova Italia, 1962). Le testimonianze e i frammenti sono numerati, e si dividono in a) Vita e scritti, b) Frammenti, c)Imitazioni, riprendendo ogni volta la numerazione da uno. Nelle citazioni, riporteremo la pagina dell'edizione di M. Untersteiner (U). Si prescinde qui dalla "questione antifontea", sull'esistenza di due Antifonti, il sofista (quello che qui ci interessa) e l'oratore (Antifonte di Ramnunte). Vedi in proposito ETTORE BIGNONE, Antifonte oratore e Antifonte sofista, Urbino, Argalìa Editore, s.d., ma 1974; il Bignone si pronuncia per l'esistenza dei due Antifonti, diversi per stile ma soprattutto per le loro opinioni. In autori più recenti si tende a ritenere i due Antifonti una medesima persona: cfr. FERNANDA DECLEVA CAIZZI (a cura di), Antiphontis Tetralogiae, Milano-Varese, Cisalpino, 1969, in particolare pp. 71-83. Per un'altra edizione dei testi di Antifonte, e per un utile confronto con quelli degli altri sofisti, in traduzione italiana, si veda I Presocratici. Testimonianze e frammenti, Tomo primo e secondo, Bari, Laterza, 1981. Per i testi originali, vd. HERMANN DIELS, Die Fragmente der Vorsokratiker, Griechisch und Deutsch, IV ed., Berlin, Weidmannsche Buchhandlung, 1922.

9. Sud., B 78-81; p. 3 U. Ovviamente, non si vuole qui sostenere che Antifonte sia l'inventore delle tecniche retoriche e dialettiche del linguaggio, merito che spetta tradizionalmente a Zenone di Elea e a Gorgia di Lentini. Semplicemente, egli sembra essere stato il primo ad applicarle sistematicamente a scopi psicoterapeutici.

10. Plut., Vit. X orat., 1 p. 833 C; pp. 29-33 U.

11. Philostr., V. soph., I, 15, 2; p. 31 U.

12. Sofisti. Testimonianze e frammenti. Fascicolo quarto, cit., p. 29 n.

13. R. MONDOLFO, cit. in Sofisti. Testimonianze e frammenti. Fascicolo quarto, cit., p. 30 (in nota).

14. Xenoph., Mem. I, 6, 2; pp. 15-16 U. Bignone parla di "edonismo utilitario", tuttavia "moderato": "l'arte sua era l'arte di evitare il dolore, alupía" (ETTORE BIGNONE, Antifonte oratore e Antifonte sofista, cit., p. 75).

15. Stob., IV 34, 63; p. 129 U.

16. Stob., IV 34, 56; pp. 129-131 U.

17. Stob., III, 16, 20; pp. 133-135 U.

18. Plut., Anton. 28; p. 157 U.

19. Gal., In Hipp. de med. off. XVIII B 656 K; p. 39 U.

20. Stob. III 31, 4; p. 151 U. La frase è stata accostata dai critici ad altre di argomento pedagogico, in cui Antifonte ritiene importantissima una retta educazione dei giovani (p. 147 U.), affinché essi non soffrano, da adulti, in caso di grandi mutamenti di esistenza (p. 149 U.). Sono tematiche proprie della psicologia dello sviluppo. Come pure quella del frammento ove afferma: "Il sostentamento dei vecchi assomiglia al sostentamento dei figli" (Clem., Strom. VI 19, II 438; p. 153 U.).

21. Stob., II 33, 15; p. 113 U.

22. Stob., III 20, 66; pp. 141-145 U.

23. Clem., Strom. VII 24; p. 33 U.

24. Ad esempio, parlando del matrimonio, dopo aver esposto i lati negativi, dice: "Suvvia: non rappresentiamo solo le combinazioni avverse: si rappresentino le combinazioni più di tutte favorevoli" (Stob., IV 22, II 66; p. 139 U.). E continua alternando ancora opinioni favorevoli e sfavorevoli. La molteplicità dei punti di vista non sfugge ad Antifonte: in un altro frammento, lui stesso, che cura le malattie con la parola, si rende conto che per alcuni pazienti, probabilmente "resistenti" alla terapia, c'è qualche vantaggio a restare malati: "Di Antifonte: <<La malattia per gli ignavi è una festa>>: infatti non devono andare al lavoro" (Stob., III 8, 18; p. 139 U.).

25. Stob. III 16, 30; pp. 135-139 U. Il racconto deriva dalla nota favola esopica dell'avaro che nasconde il suo tesoro. Un altro tema si evince, e cioè la necessità dell'aiuto reciproco. "Anche il tono triste ed accorato di molti frammenti, corrisponde alla persuasione di chi vede tutti gli uomini eguali dinanzi al destino della vita e li invita ad assistersi fra loro" (ETTORE BIGNONE, Antifonte oratore e Antifonte sofista, cit., p. 76). Antifonte difende in un frammento l'uguaglianza di tutti gli uomini, greci e barbari, e si mostra di idee democratiche (pp. 93-95 U.).

26. La tendenza di Antifonte ad ampliare, rovesciare i punti di vista può essere ritrovata anche nel frammento in cui si cimenta nella "quadratura del cerchio", ossia propone un suo metodo per inscrivere nel cerchio un poligono, riducibile a un quadrato, tale che i suoi lati combacino con la circonferenza del cerchio. (pp. 45-51 U.). Ancora, possiamo ritrovarla nella sua concezione di una "giustizia ingiusta": ovvero, paradossalmente, per Antifonte, processi, indagini giudiziarie, arbitraggi, testimonianze, comunque giungano al termine, non sono giusti, perché quello che giova agli uni danneggia gli altri, mentre per natura non può dirsi giusto danneggiare qualcuno (pp. 94-101 U). "Antifonte alle leggi faceva colpa di essere or buone or cattive, e riteneva che il fondamento naturale del bene doveva essere quello di giovare sempre e di non nuocere mai" (ETTORE BIGNONE, Antifonte oratore e Antifonte sofista, cit., p. 80).

27. Cic., De div. II, 70, 144-145; p. 161 U.

28. ETTORE BIGNONE, Antifonte oratore e Antifonte sofista, cit., p. 43.

29. ETTORE BIGNONE, Antifonte oratore e Antifonte sofista, cit., p. 77.

30. ETTORE BIGNONE, Antifonte oratore e Antifonte sofista, cit., p. 85.

31. ALEKSANDR SOLZENITSYN, Il primo cerchio, Milano, Mondadori, 8a ed. "Scrittori italiani e stranieri", 1971, pp. 48-9.