La psicoterapia breve

di Massimo Rinaldi

  V. Van Gogh, Il seminatore

Quanto dura un trattamento di psicoterapia? Intorno a questa domanda naufragano talvolta le buone intenzioni di chi medita di rivolgersi allo psicologo, ma paventa un’impresa troppo lunga o costosa. Nel nostro immaginario collettivo c’è anche lo spettro dell’ analisi interminabile, o inutile: come non ricordare la celebre battuta di W. Allen, "provo ancora un anno con la psicoanalisi, poi vado a Lourdes"?

Spesso l’aspirante paziente, quando arriva dallo psicoterapeuta, pone una domanda preoccupata circa la durata del trattamento e, quel che è peggio, rimane quasi sempre senza una risposta precisa. In realtà, la risposta ad una simile domanda può essere formulata in modo attendibile, solo se essa risulti complessa, articolata, possibilista. La durata della psicoterapia è, infatti, assai variabile e dipende da una somma di fattori.

Anzitutto bisogna distinguere tra i diversi tipi di psicoterapia, che differiscono tra di loro in modo sostanziale, anche per ciò che riguarda la durata. Sfortunatamente, i pazienti di solito non sono al corrente della realtà poliedrica della psicoterapia, e su simili questioni non chiedono molte informazioni al professionista a cui si rivolgono; questi, per suo conto, assai poco volentieri tenderà ad introdurre l'argomento, che potrebbe facilmente diventare una complicata e controversa lezione di storia della psicologia contemporanea. In secondo luogo, la durata dipenderà molto dal tipo di disturbo e dalla reattività individuale, ossia dal carattere, ma anche da come si compbineranno assieme le sensibilità e i caratteri del terapeuta e del paziente. Perciò, come andranno le cose nel corso della terapia difficilmente può essere previsto in modo preciso. Infatti, anche se la conoscenza del tipo di disturbo e/o della tipologia caratteriale del paziente può lasciar prevedere un certo tipo di andamento, in realtà non esistono due casi uguali, e la specificità individuale crea sempre delle sorprese anche allo psicologo esperto. Infine - last but not least - molto dipenderà dalle intenzioni e dalle disposizioni d’animo con cui il paziente affronterà la psicoterapia, ossia dalla reale volontà di cambiamento. Questo, soprattutto nei casi in cui essa offre potenzialmente percorsi e livelli diversi nell’approfondimento delle tematiche interiori.

Per ciò che riguarda il primo dei fattori sopra menzionati, ossia il tipo di psicoterapia, va detto che esistono terapie che, tradizionalmente, risultano di durata modesta: ad esempio, quella relazionale o quella comportamentista-cognitivista. Questo in conseguenza del metodo specifico di simili impostazioni, che perseguono obiettivi molto concreti, ma con scarso approfondimento sul piano interiore. Le psicoterapie di tipo analitico, viceversa, tendono ad avere durata più consistente, ma obiettivi più ambiziosi di cura, indagine, ed analisi. La durata pluriennale risulta in questi casi non scandalosa, anche se lo sconfinamento in tempi troppo lunghi comporta un giudizio di scarsa efficacia terapeutica (ma questo è un rischio di ogni tipo di terapia). Non c’è dubbio che le terapie di tipo analitico siano potenzialmente più complete e i loro effetti più profondi, poiché in esse non soltanto si risponde al bisogno terapeutico di risoluzione dei sintomi, o del disagio, ma si affrontano anche le dinamiche psichiche del soggetto, le sue problematiche generali, relazionali ed esistenziali. È evidente che quanto più vasti sono gli obiettivi che ci si ripromette di raggiungere, tanto più lungo sarà il tempo necessario all’impresa.

Oggi, tuttavia, anche nel campo delle terapie analitiche si sente il bisogno di offrire percorsi abbreviati, in sintonia con le richieste di molti pazienti. Naturalmente, gli obiettivi raggiungibili saranno meno ambiziosi, ma a volte questa sembra davvero essere la soluzione migliore. Non dimentichiamo che la psicoterapia deve comunque tendere anzitutto alla risoluzione dei sintomi e alla rimozione del disagio.

Nasce così il concetto di psicoterapia breve: la durata può variare da un minimo di due-tre mesi ad un massimo di dodici. Gli obiettivi saranno chiaramente fissati, gli aspetti cognitivi prevarranno su quelli emotivi.

Sebbene risulti possibile interpretare la fretta di "risolvere il problema" come un inquietante segno dei tempi - nei quali sempre più vengono ridotti gli spazi di riflessione a favore di una certa frenesia del vivere quotidiano - l’abbreviazione dei tempi di terapia è un valore importante in campo clinico e i benefici economici non possono essere ignorati. Al di là di ogni perfezionismo del terapeuta e di ogni nostalgia per modelli di comportamento di altri tempi, occorre affermare chiaramente che la scelta del tipo di psicoterapia è competenza primaria del paziente, unico depositario del diritto di valutare i propri bisogni e di decidere in merito alla loro soddisfazione. In una buona psicoterapia, la via d’uscita è sempre a portata di mano, e gli obiettivi fondamentali devono essere raggiunti in un tempo breve. Deve rimanere in piedi, tuttavia, la possibilità di proseguire il trattamento, per poter approfondire l’indagine interiore, se il paziente lo ritiene opportuno, senza bisogno di fissare i tempi in anticipo, ma verificando in itinere il cammino compiuto e quello che resta da compiere.

Articolo pubblicato su www.psicologiaonline.it