I test psicologici e il loro uso

di Massimo Rinaldi

Che cosa sono, esattamente, i test psicologici? Tutti conoscono i questionari che compaiono regolarmente su riviste e rotocalchi e dai quali veniamo a sapere se siamo tipi lunatici, coniugi fedeli, persone intraprendenti e altre simili caratterizzazioni. La maggior parte dei lettori non è esente da interesse verso simili questioni e, vuoi per gioco, vuoi per curiosità, finisce prima o poi col cimentarcisi. Tuttavia, quel genere di test è per lo più un gioco, anche quando ben costruito.

Un vero test (termine inglese, in italiano si dovrebbe usare il termine "reattivo") psicologico è qualcosa di più complesso e più impegnativo da produrre, poiché si tratta di una procedura che deve arrivare ad un risultato credibile, e non ad una generica affermazione su di un qualcosa. Vediamo brevemente che cosa è un test. Si tratta di una prova, da somministrare ad una o più persone, che serve a misurare una qualche dimensione della sfera psichica. Esistono test per misurare gli atteggiamenti, le capacità intellettive, le competenze scolastiche, le abilità specifiche, i tratti della personalità, gli stati emotivi e molto altro ancora.

La sua natura di strumento di misura, fa sì che esso debba essere tarato, ossia messo a punto, con grande cura: per sapere che valore avrà una misurazione fatta, bisogna infatti misurare prima lo strumento che misura (naturalmente, questa operazione viene fatta in fase di costruzione dello strumento). Ad esempio, per misurare una lunghezza, si dovrà usare un metro; ma la misurazione così condotta si basa sul presupposto che quel metro che stiamo usando abbia l’effettiva lunghezza di 1 m. Se fosse più lungo, o più corto, l’esito della misurazione effettuata sarebbe falso (impreciso). Con uno strumento semplice come il metro, la taratura è semplice: basta confrontarlo con un metro campione, e correggerlo quanto occorre. Con un test psicologico, l’operazione richiede procedure lunghe e complesse, basate su una applicazione di campionatura e sulla successiva elaborazione statistica dei risultati, per la costruzione dei parametri di applicazione (chiamati norme).

Condizione necessaria per poter considerare attendibili i risultati di un test è che la somministrazione venga fatta in modo rigoroso e corretto, per rispettare gli standard di taratura. Anche la somministrazione necessita pertanto di personale specializzato; ed infatti, somministrazione ed elaborazione dei test sono una delle specifiche competenze inerenti la professione di psicologo.

Un parametro fondamentale per valutare la bontà di un test e la sua efficacia è quello della validità. Con questo termine si intende il grado di veridicità delle affermazioni ricavate dal test: che il Sig. Tizio abbia un Quoziente di intelligenza pari a 110, ad esempio, o che Caio sia un tipo ansioso, o che Sempronio mostri spiccate attitudini ai lavori di tipo tecnico. In altre parole, la validità esprime la corrispondenza tra il risultato del test e la reale qualità della persona che si è cercato di misurare. Purtroppo, la verifica della validità di un test, che si esprime in termini di percentuale, ha significato statistico e pertanto sapere che essa risulta, poniamo, pari all’ottanta per cento, non ci permetterà di sapere quanto sia preciso un singolo risultato, ma servirà soltanto a sapere che la probabilità che la mia affermazione sia vera è pari a quella percentuale; in altri termini, che, su 100 applicazioni del test, all’incirca 80 volte esso mi dirà il vero, e le restanti 20 volte purtroppo no, sbagliando in più o in meno, non sappiamo quando e di quanto. Al profano tutto ciò può sembrare scoraggiante, e per certi versi lo è: infatti, un test con validità pari all’80% è considerato di ottimo livello! È facile rendersi conto, da ciò, che in nessun caso i risultati di un test vanno presi per "verità provata", ma solo come materiale di lavoro, indicazione e spunto per una più approfondita riflessione. Tuttavia, l’applicazione di una batteria (=serie) di test invece che di uno singolo aumenterà notevolmente l'attendibilità della misurazione.

Come detto, esistono test di diverso genere e tipo. Vengono classificati per categorie, e comprendono: test per la misurazione dell’intelligenza, test di personalità, test attitudinali, test clinici, e altro ancora.

Una menzione a parte meritano i test di tipo proiettivo. In questi, viene richiesto al soggetto esaminato di interpretare segnali poco chiari, come macchie di colore, figure senza spiegazione, storielle senza finale. In base alla risposta data dal soggetto, lo psicologo dovrà dedurre le sue caratteristiche di personalità: è intuitivo comprendere che l’interpretazione dei risultati di questo tipo di test richiede un’alta specializzazione. Tra i test proiettivi, i più noti sono il "Rorschach" (le famose "macchie di inchiostro"), il "TAT", il "Wartegg", il "disegno dell’albero", il "disegno della famiglia" e quello della "figura umana". Molto diffusi, anche nel campo della diagnosi della personalità, sono i test a questionario, con risposte di tipo "si – no" o "vero – falso". La fase di interpretazione, in tali casi è molto semplificata e la procedura più matematica.

Esistono poi i test di prestazione, come quelli di intelligenza o quelli attitudinali, nei quali viene richiesto al soggetto esaminato di risolvere un certo numero di prove, per lo più disposte in ordine crescente di difficoltà, e riferite alle diverse aree cognitive o prestazionali. Anche qui - ancor di più qui - valgono le avvertenze sopra esposte circa la validità del test e dei suoi risultati e la serietà e il rigore nella sua applicazione.

I campi di applicazione dei test sono svariati: l’orientamento scolastico e professionale, la selezione del personale, lo screening psicologico (ad esempio nella visita di reclutamento militare, per individuare i soggetti con rischio psichiatrico), la diagnosi psicologica o psichiatrica, tanto nel settore clinico quanto in quello medico-legale. Nel campo clinico, là dove lo strumento centrale resta il colloquio clinico, per lo più essi vengono utilizzati come supporto alla diagnosi, per una raccolta di dati oggettivi e confrontabili, tanto dallo psichiatra quanto dallo psicologo. Nella pratica della psicoterapia l’uso del test è molto marginale e, tutto sommato, superfluo. Tuttavia, in alcuni casi può risultare utile, all’interno del rapporto tra paziente e psicoterapeuta, applicare determinati test diagnostici che apportino ulteriore materiale di riflessione e spunti di indagine capaci di arricchire la terapia.

Articolo pubblicato su www.psicologiaonline.it