Panico, ansia, fobie.

di Massimo Rinaldi

V.Van Gogh, Notte stellata

Gli attacchi di panico sembrano essere uno dei fenomeni caratteristici della nostra epoca. Lattacco di panico ha caratteristiche che vengono vissute da chi ne viene colpito come allarmanti e drammatiche, come una ingiustificata paura che cresce rapidamente ed in modo esponenziale. Possono presentarsi, in varia combinazione tra loro: palpitazioni e tachicardia, tremori diffusi, senso di soffocamento e dispnea, sudorazione, nausea, dolori al petto, formicolio agli arti, brividi, vampate di calore, sensazioni di sbandamento o di imminente svenimento, senso di irrealtà e di depersonalizzazione, paura di impazzire o di morire. Nella maggior parte dei casi compaiono contemporaneamente solo alcuni di questi sintomi, in genere cinque o di essi.

La moderna psichiatria classifica da qualche tempo uno specifico "Disturbo da attacchi di panico", sconosciuto in quanto tale fino pochi decenni fa. Fino a quel tempo, infatti, quando una persona si rivolgeva al proprio medico o al pronto soccorso accusando i sintomi tipici di quello che oggi è definito un "attacco di panico", gli veniva diagnosticato per lo più un generico "stato ansioso con somatizzazioni" o anche uno stato di "ansia parossistica". Nella pratica clinica, si è successivamente constatato che esiste una particolare combinazione di sintomi, significativamente diversa dal generico stato d’ansia, che è stato appunto chiamata "disturbo da attacchi di panico" (D.A.P.). Esso è caratterizzato dalla seguente sintomatologia: manifestazioni ripetute di singoli attacchi di panico, preoccupazione diffusa che essi possano ripresentarsi, limitazione conseguente della propria vita quotidiana a situazioni più o meno protette e rassicuranti. In molti casi, il disturbo è accompagnato da agorafobia, ossia dalla paura di ritrovarsi in luoghi quali autostrade o mezzi di trasporto, nei quali non sia facile individuare subito una propria personale possibilità di fuga o di richiesta di soccorso.

La drammaticità dei sintomi, è bene dirlo chiaramente, non corrisponde ad una reale drammaticità dello stato clinico generale: i sintomi fisici non sono qui dovuti ad uno stato patologico in atto, bensì a quella sorta di ansia parossistica che è il panico. Esso va ad attivare i meccanismi somatici della paura, che la natura ha predisposto nel corpo umano per favorire le risposte di difesa in situazioni di pericolo. Tuttavia, evocate in tale eccessiva misuratali meccanismi provocano, paradossalmente, un effetto opposto, invalidando il soggetto stesso che ne è portatore. L’attacco di panico è una reazione che il soggetto non riesce a governare e può ingenerare nei familiari del soggetto che ne è affetto sentimenti di impotenza o addirittura di protesta; ma esso non è un’esagerazione o un capriccio di chi lo patisce, ma un disturbo oggettivo della sfera emotiva, che va affrontato in modo appropriato.

La psicoterapia dell’attacco di panico si muove su due linee direttrici: da un lato, occorre che il paziente impari a controllare meglio le proprie dinamiche emotive: questo può contribuire a prevenire l’insorgenza degli attacchi ed a limitarne l’intensità (in sostanza una terapia di rafforzamento dell’Io); dall’altro è comunque bene approfondire la conoscenza di sé (attraverso una terapia del profondo), sia per individuare le dinamiche che portano alla formazione del disturbo, sia perché questo tipo di attività interiore rafforza l'io in modo più stabile.

Il "disturbo d’ansia generalizzata" si differenzia dal panico per la minore drammaticità ma anche, generalmente, per la maggiore persistenza nel tempo. L’ansia è un’emozione con cui tutti gli esseri umani hanno a che fare, almeno in alcune occasioni nel corso della vita. Lo stato d’ansia diventa un problema clinico quando questa diviene eccessiva, o eccessivamente protratta nel tempo e sproporzionata allo stimolo che la provoca, ossia quando compare in modo diffuso, ricorrente e senza motivo oggettivabile.

Anche per la psicoterapia degli stati d’ansia è indicato seguire linee direttrici improntate al rafforzamento dell’Io e del controllo delle emozioni, ma qui appare almeno altrettanto importante l'approfondimento delle tematiche interiori, per la ricerca delle cause originarie del disagio, che non appaiono alla coscienza.

Le "fobie" sono stati di paura specifica, che si presenta invariabilmente di fronte ad un determinato stimolo. L’individuo che ha una fobia non riesce ad affrontare normalmente una situazione in cui sia presente lo stimolo temuto: egli ne prova paura e cerca pertanto di evitarla. L’avvicinamento improvviso all’oggetto specifico può scatenare un vero e proprio attacco di panico (non un DAP!). I più comuni oggetti di fobia sono: i luoghi chiusi e stretti (claustrofobia); i luoghi dai quali è difficile allontanarsi o raggiungere un soccorso medico, come autostrade, treni, autobus, ecc. (agorafobia); alcuni animali, quali: serpenti, cani, topi, ragni e altri insetti; i temporali e i fulmini; la vista del sangue (ematofobia). Da citare, infine, le "fobie sociali", riguardanti la paura di parlare in pubblico o di altre situazioni di gruppo in cui ci si senta oggetto di aspettative altrui.

Naturalmente, le paure, anche intense, legate a oggetti o ad eventi realmente capaci di incutere timore, non possono essere classificate tra le fobie, ma semmai ad una cattiva integrazione nella personalità di tali contenuti: ad esempio, l’angoscia per la morte, o la paura della guerra. Non bisogna dimenticare che la paura è una delle emozioni di base dell’essere umano, legata alle normali reazioni di autoconservazione, che oggi, semmai, troppo facilmente si tende a disprezzare, come qualcosa di cui ci si debba vergognare. Il coraggio, che era e rimane una virtù, non è affatto la mancanza di paure, ma la capacità di affrontarle e superarle, e non va mai confuso con la temerarietà o con l’incoscienza.

La psicoterapia delle fobie può consistere tanto in interventi specifici di "desensibilizzazione" all’oggetto della fobia (sul versante "comportamentista", quanto nella ricerca nel profondo delle cause che l’hanno provocata; non sono pochi, tuttavia, coloro che preferiscono convivere con le proprie fobie piuttiosto che andare dallo psicologo, almeno lì dove esse riguardano oggetti o situazioni che non risultino ricorrenti o importanti.

Articolo pubblicato su www.psicologiaonline.it