Lucio Lanza
Mario
Salomi
Disagio giovanile e identità
personale
Un'indagine esplorativa in un Liceo della
provincia di
Napoli (1)
1. Introduzione
Le più recenti acquisizioni scientifiche hanno evidenziato come, in
ambito psicologico, le esperienze adolescenziali rappresentino una tappa
importante della vita umana. A partire dalla metà degli anni sessanta si è
passati da una concezione tradizionale che considerava l'adolescenza come un
momento di "crisi" e di "passaggio" ad una concezione che reputava questa età
come "fase autonoma e prolungata dello sviluppo umano, in cui il soggetto, a
seconda della sua appartenenza sociale...., deve far fronte ai problemi posti
dal suo stesso sviluppo biologico, fisico, psicologico, sociale" (Palmonari,
1993). A questo nuovo modo di concepire l'adolescenza hanno fornito un
contributo decisivo non soltanto alcuni approcci teorici come quelli della
"psicologia dell'arco della vita" e della "cognizione sociale", ma anche nuovi
strumenti metodologici il cui impiego ha consentito agli studiosi del campo di
affrontare problemi di grande importanza tra cui quelli dell'identità, del
percorso dall'infanzia all'adolescenza, del rapporto dell'adolescente con la
famiglia, della sessualità e dei gruppi di coetanei, dell'esperienza scolastica,
ecc. Questi cambiamenti hanno spinto gli studiosi del settore non soltanto a
ricercare le cause del disagio giovanile ma anche a mettere a punto strategie
dirette a prevenire e a superare il malessere che nella quotidianità si agita
nei giovani. In proposito gli studi più attuali - ci si riferisce qui, in
particolare, ad una indagine effettuata di recente dalla Fondazione Labos -
hanno evidenziato come il problema relazionale sia cruciale nell'adolescente e
per ciò che è relativo alle questioni familiari e per quanto riguarda quelle del
contesto scolastico. La famiglia, infatti, pur continuando ad avere una funzione
importante nella formazione dei giovani è, secondo i dati forniti dalla Labos,
il luogo dove il 37,2% degli adolescenti ammette di vivere difficoltà
relazionali.
Lo stato di malessere esistenziale si manifesta, altresì, nella
scuola dove le difficoltà di adattamento il più delle volte hanno, anche qui,
una base relazionale e dove spesso "l'insuccesso scolastico, il cattivo voto, il
rischio della bocciatura sono le occasioni palesi di disagio" (Boggi Cavallo,
1990). La scuola, nonostante sia considerata dagli adolescenti come una "realtà
centrale del loro percorso formativo", non riesce ancora a fornire un'adeguata
accoglienza ai giovani che hanno problemi legati alla loro marginalità sociale.
Al momento nella istituzione scolastica ad occuparsi di problemi di adattamento
e di condizione di marginalità vi è una nuova normativa (2) che, nel prevedere,
tra l'altro, una maggiore responsabilizzazione della organizzazione scolastica
nei confronti del cosiddetto "disagio giovanile", invita i docenti a porre
attenzione non soltanto ai contenuti delle singole discipline ma anche ai
rapporti interpersonali che risultano essere importanti e spesso prioritari
rispetto all'apprendimento e alla formazione globale dell'allievo. Questo
orientamento, già da tempo emerso nella letteratura scientifica psicologica e
ora contenuto nella nuova legge, viene così, oggi, ad assumere una peculiare
consistenza all'interno del contesto scolastico a cui è assegnata una funzione
importante nella prevenzione del disagio giovanile. In quest'ottica, fare
prevenzione non può che significare, prima di tutto, rilevare se esiste o meno
malessere giovanile, nei suoi vari aspetti, all'interno di un certo ambito. Ciò
in funzione naturalmente di un programma di reimpostazione epistemologica che la
citata legge di fatto introduce nella scuola. La nuova normativa, infatti, nel
sottolineare l'importanza prioritaria della comunicazione e dei rapporti
interpersonali come potenziali fattori di rischio (Ricci Bitti, Zani, 1983),
sposta l'accento da una visione individualistica e monadica del comportamento ad
una più corretta visione relazionale e contestuale del disagio giovanile nella
scuola (Cancrini, 1977).
In questo contesto assume particolare rilevanza il
costrutto di identità personale, variabile psicologica questa di grande
importanza in età evolutiva (Palmonari, 1979) e della quale ci si occuperà nella
presente indagine, consapevoli che in relazione alla sua positività, negatività
o ambivalenza l'adolescente crescerà in maniera equilibrata, conflittuale o
disturbata.
L'identità personale o Sé "non esiste alla nascita, ma viene
sorgendo dal processo dell'esperienza e dell'attività sociale" (Mead, 1972). Il
costrutto psicologico dell'identità personale si riferisce alle ".....modalità
di organizzazione, per un dato individuo, delle rappresentazioni che ha di se
stesso e dei gruppi cui appartiene; nocciolo centrale della personalità
individuale, risultante da un insieme dato di componenti psicologiche e sociali"
(Zavalloni, 1972). Ancora, l'identità può essere definita come "quella parte
dell'immagine di sé di un individuo che deriva dalla sua consapevolezza di
appartenere ad un gruppo sociale (o più gruppi), unita al valore e al
significato emotivo attribuito a tale appartenenza" (Tajfel, 1981).
Al di là
delle possibili definizioni va rilevato che la nozione di identità è, senza
dubbio, da considerarsi una variabile cognitiva estremamente importante, che si
organizza e si costruisce soprattutto nelle relazioni sociali dell'individuo, in
funzione soprattutto del significato emotivo che viene attribuito al gruppo di
cui si fa parte (Tajfel, Fraser, 1984). Ciò che risulta utile della nozione di
identità è la considerazione che essa permette di "giungere ad una più
articolata conoscenza della soggettività, di constatare in che misura
l'appartenenza a certi gruppi sociali caratterizzi l'individuo e in che modo è
legata al concetto di ruolo, cioè alle posizioni che un individuo occupa in
ambito sociale" (Lanza, Prisco, Salomi, Varriale, 1988, 1989).
La costruzione
dell'identità personale subisce molto, infatti, l'influenza della variabile
ruolo, ossia la posizione, lo "status", che un individuo occupa all'interno del
gruppo di appartenenza. Ciò comporta tutta una serie di comportamenti che il
gruppo "si attende" dalla persona in ragione del ruolo che ricopre e del modo in
cui interpetra il ruolo medesimo. L'importanza del ruolo assegnato ad un
individuo all'interno di un certo gruppo o contesto sociale in funzione della
costruzione della propria identità è stato sottolineato da Autori quali Goffman
(1979), Doise, Deschamps, Mugny (1980), ecc. e da approcci psicologici e
psico-sociologici molto evoluti e basati su logiche contestuali e sistemiche,
come l'interazionismo simbolico (Gergen K.G., Gergen M.M., 1985) e
l'orientamento della Scuola di Palo Alto (California, U.S.A.) - ci si riferisce
qui, in particolare, agli studi compiuti alla fine degli anni '60 da Watzlawick,
Beavin, Jackson, ecc, Autori, tra l'altro, di "Pragmatica della comunicazione
umana" (1967). Tali prospettive sottolineano in generale che la complessità si
affronta con la complessità, superando il riduzionismo e lo stesso pensiero di
stampo positivista che riduce tutto a causa-effetto. Il "ciuccio", "quello che
disturba sempre", il "bravo", "quello che primeggia sempre", ecc, sono "effetti"
che certamente possono essere "spiegati" attraverso "cause"individuali. Accade
però spesso che un "ciuccio" non risulta tale in ogni circostanza e che il
"primo della classe" non sempre riesce ad ottenere successo nella vita. Lo
stesso si può dire di un soggetto "aggressivo" che può comportarsi in maniera
molto equilibrata all'interno di un altro gruppo di cui fa parte. Alla luce,
dunque, dei contributi della teoria dei sistemi (Emery, 1974), isolare un
effetto, come ad esempio l'aggressività, dal contesto in cui si verifica e
interpretarlo alla luce di una "causa" che del contesto non fa parte, è un
errore grave dal punto di vista epistemologico, che più che spiegarci il
"perché" di un dato fenomeno ce lo fa interpretare spesso in modo arbitrario e
talvolta distorto, scotomizzando completamente le variabili interpersonali,
sociali, che agiscono proprio attraverso i processi di assegnazione del ruolo.
Quest'ultimo viene mantenuto all'interno di un certo gruppo attraverso
meccanismi sociali, attraverso regole implicite di relazione interpersonale che
"fissano" ogni componente del gruppo in un certo ruolo influendo quindi
direttamente e relazionalmente sulla sua identità. Più nello specifico, in ogni
gruppo sono isolabili non "cause" o "effetti" che del gruppo stesso non fanno
parte, ma retroazioni, feed-back negativi che "spingono" ogni individuo a
comportarsi in funzione del ruolo che gli è stato assegnato. Si può allora
affermare che un fenomeno comportamentale qualsiasi, per esempio l'aggressività,
a cui si accennava, non ha né una "causa" né è un "effetto" ma è il prodotto di
un particvolare aggiustamento retroattivo del sistema, del gruppo stesso. Una
cosa nel sistema, non fuori di esso.
2. Obiettivi dell'indagine
La presente indagine ha avuto, come primo e necessario momento
esplorativo, lo scopo di effettuare dei rilievi sui tratti cognitivi, emozionali
e relazionali del giovane liceale ed anche di evidenziare l'esistenza, sia a
livello quantitativo sia a quello qualitativo, di eventuali elementi
disfunzionali. L'ipotesi è stata, dunque, quella di valutare l'influenza che può
avere l'essere allievo di un liceo (variabile indipendente ) sulla
identità personale dell'allievo stesso (variabile dipendente ), in
relazione alle variabili "sesso" e "classe di appartenenza" (variabili
intervenienti ).
Chi è il giovane liceale? Qual è il suo modello
ricorrente di comportamento? Sono presenti tratti disfunzionali, di "disagio
giovanile"? Se presenti, che differenze ci sono tra allievi e allieve? Come si
caratterizza la presenza di questo eventuale "disagio giovanile", in relazione
alla classe di appartenenza?
Nel tentativo di dare una risposta a questi
interrogativi, ci si è proposto di indagare aree della personalità quali
l'autostima, la resistenza allo stress, la capacità di perseguire con costanza i
propri scopi, il livello di adattamento, la gestione del rapporto
interpersonale, ecc. Più in particolare, l'indagine sull'identità del liceale è
stata condotta ai seguenti livelli di analisi: a) la dinamica psicologica e
comportamentale del liceale; b) la verifica dell'esistenza di eventuale
differenze in termini di identità personale e disagio giovanile, in funzione del
sesso di appartenenza; c) la verifica della presenza di eventuali differenze in
funzione del sesso e della classe di appartenenza.
Va precisato che le
ipotesi formulate in questa ricerca non si basano su di una espressa teoria
dell'identità.
3. Procedure e metodi
L'indagine è stata effettuata in una scuola della provincia di Napoli, il
Liceo Scientifico "F.Brunelleschi" di Afragola, su un campione rappresentativo,
per sesso e classe di provenienza, di 240 soggetti, provenienti da 8 corsi
(A/H). Tale campione è stato poi suddiviso in 2 gruppi di 120 soggetti ciascuno
in funzione del sesso di appartenenza e in 10 gruppi di 24 soggetti in funzione
del sesso e della classe di provenienza.
La scelta del metodo si è orientata
verso l'impiego di tecniche di autodescrizione, sull'impiego cioè di tecniche
che consentissero di ottenere dati sulla percezione che i soggetti hanno di se
stessi. Più in particolare, per la rilevazione dei dati è stato impiegato
l'"Adjective Check List" (A.C.L.) di H.G. Gough, A.B. Heilbrun e M. Fioravanti,
reattivo psicodiagnostico particolarmente idoneo all'oggetto della ricerca e
alle caratteristiche del campione di soggetti utilizzato. E' questo un test che
permette l'esplorazione dell'identità personale su 37 scale o livelli di analisi
(Gough, Heilbrun, Fioravanti, 1980) (vedi tabella A). Si tratta di uno strumento
dotato di eccellenti caratteristiche di validità, attendibilità e sensibilità,
che impedisce di fatto ad un soggetto di alterare i dati e presentare
un'immagine di sé falsata senza che il test stesso non lo rilevi e l'esaminatore
non se ne accorga.
La somministrazione del test è avvenuta per piccoli
gruppi, in una situazione di testing uguale per tutti e senza prevedere limiti
di tempo.
I risultati della presente indagine sono stati esaminati valutando,
anziché ogni singola scala dell'A.C.L., insiemi di più scale relativi a cinque
ambiti o aree della identità personale dei complessivi 12 gruppi di soggetti.
L'accorpamento delle scale dell'A.C.L. in insiemi è stato effettuato ai fini di
una visione più articolata e compiuta delle differenze significative
riscontrate, in cui si è tenuto conto anche dei punteggi ottenuti alle scale
dell'A.C.L. che non hanno mostrato differenze valide statisticamente. Si
riportano qui di seguito le cinque aree utilizzate:
a) ambito
cognitivo, ovvero il tipo di pensiero e la mentalità dei soggetti
esaminati, intendendo per tipo di pensiero la predominanza di pensiero
convergente (logico-astratto) o divergente (immaginativo-creativo) e per
mentalità la prevalenza di conformismo o progressismo;
b) ambito della
progettualità, la disponibilità cioè a compiti o progetti da portare a
termine in modo responsabile e maturo;
c) ambito
dell'assertività, vale a dire la capacità di far fronte agli ostacoli nel
raggiungimento dei propri obiettivi, superando in maniera equilibrata le
inevitabili frustrazioni;
d) ambito del livello di adattamento,
comprendente vari aspetti del Sé quali l'autoaccettazione, la congruenza o meno
tra Io reale e Io ideale, eventuali problemi di dipendenza e la stabilità
emozionale;
e) ambito del sociale, ovvero la valutazione delle
varie modalità di approccio ai rapporti interpersonali, quali la disponibilità
alla vita di gruppo, il ruolo, dominante o subordinato, che si preferisce avere,
il tenere o meno conto del punto di vista degli altri, ecc.
Per
l'elaborazione statistica dei risultati sono stati utilizzati dei programmi
inferenziali (test "t" di Student) per campioni indipendenti sulle variabili
sesso e classe di appartenenza, applicati ad ognuna delle 37 scale dell'A.C.L.
nelle varie comparazioni previste.
4. Analisi de risultati
Ad un primo esame dei punteggi ottenuti dai 240 soggetti nel reattivo
impiegato (A.C.L.), test questo utile alla descrizione del proprio "concetto di
sé", emergono, ai tre livelli di analisi previsti, i risultati qui di seguito
riportati.
1) L'identità personale dell'allievo del "Brunelleschi"
Per quanto riguarda l'ambito cognitivo, ed in particolare il
tipo di pensiero predominante, gli allievi liceali si presentano, in generale
(vedi grafico 1 e tabella A), più che sufficientemente dotati quanto a
potenzialità sia convergenti sia divergenti. Tali risorse appaiono inoltre
distribuite in modo equilibrato, senza evidenti prevalenze di pensiero
logico-astratto su quello immaginativo-creativo o viceversa (scale A1, A2, A3,
A4, Cps, ecc.). Gli allievi mostrano di possedere una mentalità decisamente
orientata in senso anticonformistico, disponibile cioè alle novità e al
cambiamento (scale Cps, S.Cfd, S.Cn, ecc.).
Per ciò che è relativo
all'ambito della progettualità, la disponibilità cioè a porsi degli
obiettivi a medio o lungo termine, questi soggetti risultano sufficientemente
orientati verso obiettivi di successo e prestigio personale e scarsamente
interessati al raggiungimento di scopi affiliativi. Vale a dire che i loro
bisogni principali sembrano essere quelli di promuovere se stessi ricercando
gratificazioni personali; non interessa loro, invece, essere in accordo con gli
altri e ricevere gratificazioni di tipo sociale (scale Ach, Dom, Crs, S.Cfd,
Aba, Iss, Nur, NP, A3, ecc.).
Per quanto riguarda l'ambito
dell'assertività, la capacità cioè di affrontare con equilibrio le
responsabilità e le difficoltà superando in maniera ottimale le inevitabili
frustrazioni, questi soggetti ne risultano scarsamente dotati. Rifuggono infatti
le responsabilità, hanno scarse abilità nel perseguire con costanza i propri
scopi, sono poco abili nell'organizzare con efficacia, precisione e
sistematicità il proprio lavoro ai fini del raggiungimento dei loro obiettivi,
sono influenzabili nei confronti delle frustrazioni derivanti dalle difficoltà
incontrate (scale A, End, Ord, S.Cn, ecc.).
Nell'ambito del livello di
adattamento, l'autoaccettazione appare ambivalente, con diverse note di
ansia. Non si evidenziano incongruenze tra Io reale e Io ideale ma i valori
bassi in entrambe le dimensioni indicano un certo disagio nei confronti della
propria condizione esistenziale. L'instabilità emozionale conseguente appare
dovuta inoltre ad una intensa elaborazione interiore circa i propri problemi di
autonomia e svincolamento da qualsiasi forma di dipendenza. I bisogni di
dipendenza sembrano chiaramente presenti anche se, nello stesso tempo, vi è una
tendenza a rifiutarli. Questi soggetti, infatti, non accettano aiuto,
protezione, guida esterne: vogliono realizzarsi in modo indipendente dagli altri
e rifiutano ogni forma di autorità da accettare in modo acritico (scale Fav,
Unfav, P.Adj, Iss, FC, AC, ecc.).
Nell'ambito del sociale, si
mostrano poco inclini alla vita di gruppo e scarsamente disponibili alle
relazioni interpersonali, preferendo stare più con loro stessi che con gli altri
(scale Nur, Aff, NP, CP, ecc.). Sul piano relazionale, si presentano cauti,
guardinghi, poco autentici e cercano di gestire il rapporto in modo dominante e
manipolativo, rifiutando decisamente un ruolo gregario e dipendente (scale
S.Cfd, Crs, Dom, Agg, ecc.).
2) Differenze per sesso di appartenenza
La comparazione tra il gruppo delle liceali femmine e quello dei liceali
maschi ha evidenziato numerose differenze significative. Delle 37 scale
dell'A.C.L. cinque sono risultate, al "t" di Student, significative allo 0,05,
cinque allo 0,01 e 16 allo 0,001, per un totale di 26 scale con differenze
significative tra i due gruppi (vedi grafico 2 e tabella B).
In ambito
cognitivo sono presenti alcune differenze significative che denotano un
maggiore potenziale di risorse sia convergenti sia divergenti nei maschi
rispetto alle femmine (scale Cps, A1, significative allo 0,05; Cha allo 0,01;
A2, A4, P.Adj allo 0,001; ecc.). Ciò all'interno, come descritto in precedenza,
di più che sufficienti risorse sia logico-astratte sia immaginativo-creative in
entrambi i gruppi. Per ciò che concerne la mentalità, pur essendo entrambi i
gruppi orientati verso l'anticonformismo, sono ancora i maschi a presentare una
significativa maggiore apertura nei confronti del nuovo e dei cambiamenti (scala
Cps sign. allo 0,05; S-Cn allo 0,01; ecc.).
Nell'ambito della
progettualità sono presenti numerose differenze significative (scale Ach,
Dom, Aba, Iss, Mls, A, AC, A4, Mas, sign. allo 0,05; Aff, NP, allo 0,01; Fav
allo 0,001; ecc.). Le femmine si presentano, nella media o poco al di sotto,
abbastanza indirizzate verso il successo e il prestigio personale e non molto
orientate verso istanze affiliative. I maschi, al contrario, sembrano un pò
demotivati, poco partecipi alla promozione di se stessi e decisamente non
interessati all'affiliazione.
Sul piano dell'assertività
entrambi i gruppi presentano delle carenze. Mentre però nelle femmine tali
carenze sono modeste, nei maschi si presentano significativamente più forti. Più
in particolare, le femmine, anche se poco intraprendenti e un pò influenzabili
dalle inevitabili difficoltà che incontrano, mostrano, con valori un pò al di
sotto della media, capacità nella organizzazione del proprio lavoro e
perseveranza nel raggiungimento dei propri obiettivi; i maschi si presentano
significativamente meno assertivi delle femmine, decisamente ripiegati su se
stessi e molto vulnerabili nei confronti delle difficoltà (scale Ach, Dom, End,
Ord, Mas, sign. allo 0,001; ecc.).
Anche sul piano del livello di
adattamento sono presenti diverse differenze significative tra il gruppo
dei maschi e quello delle femmine (scala Suc sign. allo 0,05; Crs allo 0,01;
P.Adj, Fav, Unfav, AC, Iss, Aba, allo 0,001; ecc.). Le femmine risultano
accettare sufficientemente e in modo equilibrato, sia pure con qualche riserva,
se stesse e il loro presente; non sembrano inoltre presenti incongruenze tra Io
reale e Io ideale, non evidenti invasive problematiche di contrapposizione tra
spinte all'autonomia e bisogni di dipendenza. I maschi, al contrario, presentano
una autoaccettazione ambivalente con prevalenza di toni negativi,
insoddisfazioni e insofferenze per il loro presente. Ciò si traduce in una certa
quota di ansia e di insicurezza ipercompensata spesso con comportamenti
aggressivi e di protesta. In particolare, risulta molto viva e in piena
elaborazione conflittuale la contrapposizione tra bisogni di dipendenza e di
autonomia con tendenza alla prevalenza dei secondi e parziale negazione dei
primi. Quest'ultima contrapposizione dinamica tra esigenze contrarie produce una
evidente e forte invasività emozionale con conseguente scarso
autocontrollo.
Anche nell'area sociale sono presenti diverse
differenze significative tra il gruppo dei maschi e quello delle femmine (scale
Agg con "t" sign. allo 0,05; Crs, Aff, NP allo 0,01; scala Dom, Mas, Aba allo
0,001; ecc.). Quest'ultime si presentano tendenzialmente riservate, non molto
disponibili alla vita di gruppo; nelle relazioni interpersonali tendono comunque
ad imporsi cercando di gestire a loro misura i rapporti sociali. I maschi,
rispetto alle femmine, si presentano significativamente più riservati preferendo
chiaramente più lo stare con se stessi che con gli altri; nelle relazioni
interpersonali sembrano più remissivi preferendo apparentemente ruoli più
subordinati, salvo improvvise impennate istintive e anche aggressive nei
confronti degli altri. Ciò sembra dipendere dalle conflittualità e
contraddizioni maggiori che i maschi presentano rispetto alle femmine per ciò
che concerne la globalità della loro identità personale. Anche le femmine
presentano tratti di invasività istintiva nei rapporti interpersonali ma
decisamente più moderati rispetto ai maschi.
3) Differenze per sesso e classe di provenienza
In ambito cognitivo, per ciò che concerne il tipo di pensiero,
non si evidenziano nelle varie classi, tranne le terze, differenze significative
tra i due sessi (vedi grafici 3, 4, 5, 6, 7 e tabelle C, D, E, F, G). In tutte
le classi, tranne le terze, sia le femmine sia i maschi si presentano dotati di
risorse più che sufficienti sia sul versante delle capacità convergenti sia su
quello delle potenzialità divergenti. Questi due aspetti del pensiero appaiono
inoltre ben equilibrati, senza una netta prevalenza di una delle due componenti.
Diverso il discorso per le terze classi. In quest'ultime si evidenziano infatti
differenze significative tra i due sessi. Le femmine delle terze classi,
infatti, appaiono significativamente meno dotate dei loro compagni maschi di
potenzialità sia convergenti sia divergenti (scale A2, Cps, P.Adj, Iss, sign.
allo 0,05; Fav, Unfav, allo 0,01; ecc.). Per quanto riguarda la mentalità, si
osserva, globalmente, in tutte le classi, una generale tendenza al progressismo
e al cambiamento rispetto alla stabilità e al conformismo indipendentemente dal
sesso di appartenenza. Sempre nelle terze classi si osserva, poi, una opposività
e un progressismo a livelli significativi nei maschi rispetto alle femmine
(scala Cps sign. allo 0,05; scala S.Cn allo 0,01; ecc.).
Nell'ambito
della progettualità, in tutte le classi si evidenzia, in generale, una
significativa differenza tra le femmine e i maschi. Quest'ultimi si presentano
scarsamente interessati sia ad obiettivi di successo e di prestigio personale
sia ad obiettivi di tipo affiliativo; le femmine appaiono interessate
sufficientemente al successo e al prestigio personale e non molto orientate
verso esigenze affiliative. In questo quadro generale, mentre nelle femmine si
registrano differenze significative rispetto ai maschi in termini di maggiori
esigenze di successo in quasi tutte le classi, nei maschi sono presenti,
soprattutto nelle terze classi, differenze significative in termini di minori
spinte affiliative rispetto alle femmine (scale P.Adj, Ach, Iss con "t" sign.
allo 0,05; Aff, AC, fav, A allo 0,01; Mls allo 0,001;
ecc.).
Nell'ambito dell'assertività, in tutte le classi si
osservano differenze significative in funzione del sesso di appartenenza. Le
femmine evidenziano, in generale, modeste capacità assertive, mentre i maschi
mostrano, rispetto alle femmine, una anassertività che in alcuni casi rasenta la
passività, il ripiegamento su se stessi, dimostrando molta fragilità nei
confronti degli insuccessi e delle frustrazioni. Le differenze più vistose,
all'interno del quadro appena descritto, si evidenziano tra maschi e femmine
delle terze classi (scala Ach con "t" sign. allo 0,05; Fav, Unfav, AC allo 0,01;
End, Mls, Ord, allo 0,001; ecc.).
Nell'ambito del livello di
adattamento le femmine si presentano, globalmente, in tutte le classi,
adattate in modo equilibrato, senza evidenti scompensi, sia pure all'interno, in
termini quantitativi, di un quadro appena sufficiente; i maschi, al contrario,
presentano, sempre in generale e indipendentemente dalla classe, maggiori
contraddizioni. Per quanto riguarda l'autoaccettazione le femmine presentano in
tutte le classi un quadro coerente, orientato cioè verso la positività,
presentandosi quasi sufficientemente contente di se stesse e del proprio stato.
Nei maschi l'autoaccettazione risulta in tutte le classi chiaramente orientata
verso la coesistenza di due sentimenti opposti con prevalenza delle autocritiche
e della svalutazione di se stessi. Ciò all'interno di un processo di sviluppo
che sembra peggiorare dalla prima alla terza classe per poi parzialmente
"migliorare" dalla terza alla quinta. In altri termini, partendo da
un'autoaccettazione ambivalente di media intensità nelle prime classi si arriva
ad un'autoaccettazione chiaramente negativa nelle terze classi per poi ritornare
di nuovo ad un orientamento che, negli allievi delle quinte classi, rivela la
compresenza di sentimenti e impulsi antitetici. In correlazione, sempre nei
maschi, la percezione del presente appare non gratificante e con un Io-ideale
ipotrofico. Sempre per quanto riguarda l'autoaccettazione, le differenze più
vistose appaiono, ancora una volta, nelle terze classi. In tutte le classi poi i
maschi presentano un'intensa elaborazione dei loro contradditori bisogni di
autonomia e di dipendenza con tendenza alla negazione di quest'ultimi. Ciò li
conduce ad uno scarso autocontrollo e alla liberazione di impulsi aggressivi. In
particolare per quanto riguarda l'autocontrollo, le maggiori differenze, ancora
una volta, si presentano soprattutto nelle terze classi (scale P.Adj, Iss, con
"t" sign. allo 0,05; A, AC, Fav, Unfav, allo 0,01; ecc.).
In ambito
sociale, in tutte le classi, e particolarmente nelle terze, i maschi
appaiono più riservati delle femmine, rifuggendo, più di quest'ultime, dai
rapporti sociali. Le differenze più vistose, da quest'ultimo punto di vista, si
riscontrano nelle terze classi (scala Int, con "t" sign. allo 0,05; Aff, AC allo
0,01; ecc.). Le femmine, poi, si presentano, in generale e in tutte le classi,
più dominanti nella gestione dei rapporti interpersonali, mentre i maschi sono
più disponibili a ruoli subordinati anche se appaiono più gentili e accomodanti;
contemporaneamente i maschi presentano, rispetto alla femmine, anch'esse
caratterizzate da una certa invasività istintiva, più spinte impulsive e
maggiore fragilità nell'essere feriti dagli altri.
5. Considerazioni conclusive
L'analisi dei risultati evidenzia, prima di tutto, una certa fragilità
dell'identità personale dei liceali, indipendentemente dal sesso e dalla classe
di provenienza. Questi studenti, infatti, si presentano, globalmente, con vari
problemi di assertività, mostrano cioè scarsa capacità a perseguire gli
obiettivi prefissati, una certa vulnerabilità alle frustrazioni e facile
attivazione di comportamenti di evitamento nei confronti delle responsabilità.
Anche nell'area del livello di adattamento si presentano fragili. Evidenziano,
infatti, problemi di autoaccettazione, disagio nei confronti della loro
condizione esistenziale e una certa quota di instabilità emozionale con
conseguenti comportamenti spesso istintivi derivanti peraltro anche da una
intensa elaborazione interiore dei loro bisogni di autonomia e di dipendenza.
Questa situazione rende loro problematica anche la dimensione sociale, dalla
quale rifuggono, tendendo ad isolarsi e a relazionarsi agli altri in modo
difensivo.
Un secondo aspetto da mettere in evidenza riguarda le differenze
esistenti tra l'identità personale del gruppo femminile rispetto a quello
maschile. Pur all'interno della generale fragilità di questi allievi, le femmine
appaiono decisamente più "robuste" rispetto ai maschi. Vale a dire che la
fragilità generale dell'identità personale di questi allievi evidenziata sopra
risulta dovuta soprattutto all'influenza del gruppo maschile. Mentre le femmine
presentano carenze, ai vari livelli esaminati, tutto sommato di modesta entità e
un quadro generale dell'identità coerente e abbastanza sgombro da
contraddizioni, i maschi si mostrano più problematici, più contraddittori, più
complessi e quindi con una quota di "disagio" decisamente più marcata.
Nell'ambito della progettualità, infatti, mentre le femmine si
presentano con precisi obiettivi, nello specifico relativi al successo e al
prestigio personale e, in subordine, all'affiliazione, i maschi appaiono
ripiegati su se stessi, significativamente più passivi, senza interessi ed
obiettivi da raggiungere che li attraggano in modo sufficiente. In ambito
assertivo le carenze nelle femmine, pur presenti, risultano modeste; nei
maschi tali carenze si evidenziano in modo più marcato. Sul piano del
livello di adattamento, un aspetto molto importante da rilevare riguarda,
si ritiene, l'autoaccettazione che nelle femmine, sia pure in termini modesti,
si presenta orientata verso la positività, mentre nei maschi si evidenzia
chiaramente in termini ambivalenti, con prevalenti autocritiche e auto
svalutazioni. Altre differenze importanti tra femmine e maschi sono relative
alle conflittualità tra i bisogni di dipendenza e di autonomia, all'invasività
istintiva, all'ansia, all'instabilità emozionale e ai comportamenti difensivi in
ambito sociale. In tutti gli aspetti esaminati le carenze e i problemi, nel
gruppo femminile, risultano modeste, mentre nei maschi decisamente più forti,
dato questo che, come si accennava sopra, sottolinea in modo cruciale la
responsabilità del gruppo maschile nella rilevazione della fragilità generale di
questi allievi.
Un terzo aspetto importante da rilevare riguarda, si ritiene,
le maggiori e più vistose differenze tra maschi e femmine soprattutto nelle
terze classi. Sembra quasi che esista una sorta di cesura tra maschi e femmine
al loro ingresso nel triennio. Mentre le femmine si evolvono nella loro identità
personale in modo più ordinato e costante, i maschi presentano la maggiore
disorganizzazione della loro identità personale nelle terze classi. Ciò si
evidenzia chiaramente, in generale, in quasi tutti i livelli di analisi
utilizzati, individuando quindi nei maschi delle terze classi la maggior quota
di "disagio giovanile".
In conclusione, alla domanda se nel campione
esaminato esiste o meno "disagio giovanile", sulla base dei risultati emersi, si
deve senz'altro rispondere positivamente. Tale malessere riguarda tutti gli
allievi, in particolare i maschi, e si evidenzia soprattutto nelle terze classi.
La fragilità generale, a cui si è fatto cenno, rileva l'esistenza nei giovani di
un "disagio" diffuso e generalizzato, che cerca risposte e soluzioni anche
all'interno della struttura scolastica, nella quale questi allievi vivono e
sperimentano tale "malessere". Si è, inoltre, riscontrato che la maggiore
fragilità dei maschi è sostenuta, sul piano soggettivo, dalla mancanza di
obiettivi da raggiungere e dalla disistima di se stessi e delle proprie
capacità. Questi risultati si rivelano importanti soprattutto nei confronti
dello studio, principale occupazione dei soggetti esaminati. Occorre, in altri
termini, riflettere soprattutto sulla demotivazione dei maschi verso lo studio e
interrogarsi sul significato che questo assume per gli studenti. A ciò si
aggiunga che il profitto, tradotto in termini di obiettivi da raggiungere,
implica ovviamente determinate abilità assertive e di adattamento. Non vi è
dubbio che le carenze individuate a questi livelli, specialmente per i soggetti
maschi e in particolare delle terze classi, offrono opportunità per ulteriori
riflessioni. La progettualità, l'assertività, l'adattamento e la socialità non
sono certamente delle dimensioni e delle abilità che nascono dal nulla, ma si
costruiscono attraverso rapporti "significativi" con gli altri e per i liceali,
più specificamente, con i loro insegnanti. Ancora una volta viene ribadita la
centralità della funzione docente a cui è, per la nuova normativa, assegnato un
ruolo che lo vede protagonista non soltanto della tradizionale azione educativa,
ma anche di iniziative dirette a rivolgere la massima attenzione ai rapporti
interpersonali, che tanta importanza hanno nella crescita psicologica
dell'adolescente. Sul piano psicologico, dunque, la nuova legge, a nostro
avviso, affida all'insegnante una funzione di mediazione relazionale che,
attraverso l'assunzione di un ruolo diversificato rispetto a quello consueto, lo
ponga in grado di superare la sua posizione egocentrica e di considerare
l'allievo non solo dal proprio punto di vista. Porsi in questa prospettiva
significa far ricorso al processo psicologico del "role-taking", attraverso il
quale l'insegnante deve disporsi a considerare anche il punto di vista
dell'allievo. Ma l'assunzione di un ruolo richiede il possesso di "abilità" che,
nella prospettiva piagetiana, si riferiscono a più ambiti. In particolare,
all'ambito percettivo ("role-taking" percettivo) secondo il quale è necessario
immaginare cosa vede un'altra persona, che ha una posizione diversa da quella
del soggetto; all'ambito cognitivo ("role-taking" cognitivo) secondo cui
assumere il punto di vista dell'altro fa riferimento alla possibilità di
valutarne le conoscenze e le abilità; all'ambito emozionale ("role-taking"
emozionale) secondo il quale il soggetto nell'assumere lo stato emozionale
dell'altro risponde, dal punto di vista affettivo, nel modo più adeguato alla
situazione.
A questo punto l'interrogativo da porsi è: l'insegnante risulta
in grado di assumersi un compito così oneroso che, oltre tutto, richiede una
particolare preparazione psicologica? Sarebbe auspicabile ma, al momento,
l'insegnante non sembra possedere le competenze necessarie allo svolgimento di
tali funzioni.
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NOTE
1) Il presente lavoro spetta agli Autori in parti uguali.
2) Ci si riferisce qui alla nuova normativa introdotta dalla Legge 26.6.1990
n. 162, riproposta in T.U. dal D.P.R. 309 del 9.10.1990.